Introduzione
Quando
comincia un romanzo si direbbe che la Morante ci stia raccontando non più della
storia di un gatto, di un mobile di casa, tanto è vero che nascono le sue
storie, da prospettive familiari, domestiche, addirittura anguste: da un
corridoio, da un cortile, da una cucina, da quei luoghi dove noi abitiamo
distratti, e dove la vita si ripete da sempre, e sembra durarvi perpetua, come
se il tempo, frusciando tra gli oggetti a noi noti, tra cento cose consunte,
trascorrendo di stanza in stanza, trovasse il modo di farci sapere che in quei
luoghi egli non fugge ma vi dimora" (Cesare Garboli)
La
necessità di appartarsi, di disporre di un luogo dove lavorare e scrivere in tranquillità o addirittura in isolamento fu
un esigenza più volte espressa da Elsa Morante, e ricercata, ogni volta che le
fu possibile: per scrivere aveva bisogno di isolarsi, di negarsi al resto del
mondo, di dedicarsi unicamente al suo lavoro, anche se durava anni, con
dedizione quotidiana.
Le
"stanze" dove Elsa Morante visse e lavorò nel corso della sua vita
furono il laboratorio dove ella elaborò un suo
personale modo di aprirsi alla scrittura: in questo senso esse vanno
considerate luoghi del vissuto, reali e definite entità spaziali, in cui Elsa
realizza la composizione dei romanzi, ma anche e soprattutto esse rappresentano
la metafora di una condizione interiore, di una ricerca incessante della chiave
per sedimentare il vissuto e del registro per raccontarlo.
"Sono
più autobiografici i romanzi di qualsiasi altra cosa si
possa raccontare di sé", spiega a Enzo Siciliano che la intervista nel 1972, "Perché nei romanzi avviene come nei
sogni: una magica trasposizione della nostra vita, forse anche più significativa
della vita stessa, perché arricchita dalla forza dell'immaginazione. La mia
vita sta in Menzogna e sortilegio, nell'isola di Arturo...".
L'enorme
mole di attività scrittoria non è espressa soltanto dall'estensione
quantitativa dei suoi manoscritti (quaranta quaderni per Menzogna e
sortilegio, sedici per L'isola di Arturo, diciotto per La
Storia, senza parlare delle carte sciolte, degli appunti, del materiale che
precede e segue la stesura manoscritta) ma dall'ampiezza e dalla meticolosa precisione con cui vengono costruite le motivazioni
psicologiche, le movenze caratteriali, le condizioni esistenziali dei
personaggi, anche secondari.
Non tutto
finirà sulla pagina stampata, molto viene cassato durante le revisioni, con un frego verticale che attraversa il foglio, la cancellatura delle parole o più spesso tagliando le
pagine e riscrivendo da capo.
La psicologia dei
personaggi è costruita minuziosamente, perché nel romanzo possano vivere ed
agire secondo una coerenza che deve rispettare il loro carattere,
il loro "vissuto", fosse anche un vissuto che al lettore non è necessario raccontare.
"Non bisogna dire ogni cosa!". La preoccupazione ricorre spesso e si ritrova
espressa variamente tra le carte manoscritte di Elsa Morante. Frequentissime
sono le indicazioni di questo genere che si possono leggere tra le note scritte
in margine al testo, sul verso bianco dei quaderni. Si tratta di un lavoro
incessante che la accompagnerà lungo tutto l'arco delle sue composizioni
narrative. Le revisioni del testo hanno tra l'altro proprio il compito di
asciugare, contrarre, riordinare.
Ma questa
preoccupazione rappresenta solo il bilanciamento alla necessità insopprimibile,
che è parte integrante del suo stesso metodo di lavoro, che è dietro alla
enorme produzione manoscritta: la necessità di non tralasciare niente, di
curare ogni dettaglio, di controllare ogni passaggio, salvo poi nasconderlo o
alleggerirlo.
I
quaderni
I
manoscritti di un opera ne rappresentano l'antefatto, raccontano il processo e
rendono manifesto il metodo con cui lo si è realizzato.
Un testo è
sempre parte di una materialità, quella dell'oggetto che lo trasmette, e il
metodo di scrittura e il modo di scrivere sono strettamente legati al supporto
adoperato.
Elsa
Morante ha scritto sempre a mano la prima stesura dei suoi romanzi utilizzando
quaderni scolastici, quelli con la copertina nera e il taglio rosso, oppure
grandi quaderni simili a registri, o album da disegno, sui quali amava scrivere
nel senso longitudinale della pagina, dove la sua scrittura minuta e regolare
si distendeva ariosa: il testo si trasferiva poi - spesso profondamente
modificato - sul dattiloscritto.
Nel corso
degli anni i quaderni variano per tipologia e sempre legano le loro
caratteristiche esterne al romanzo per il quale sono stati adoperati. Tanto
questo legame tra l'opera e il manufatto su cui si sviluppa è rilevante
nell'archivio morantiano che in linea generale sarebbe possibile non solo
riconoscere il manoscritto di un opera, senza nemmeno sfogliarne le pagine,
solo dall'aspetto esteriore del quaderno, ma il manufatto stesso diventa
strumento prezioso per interpretare le fasi di scrittura, precisare le
datazioni, individuare gli innesti di un romanzo sull'altro.
Il testo si
sviluppa solo sul recto delle
pagine, mentre il verso, lasciato bianco viene utilizzato per revisioni,
correzioni, inserimenti successivi, note. Le pagine dei quaderni sono
sempre numerate dalla
scrittrice, solo sul recto, senza soluzione di continuità tra un quaderno e
l'altro e così la successione dei quaderni.
Ci fu
sicuramente anche nelle scelte frequenti di quaderni di tipo diverso una
ricerca che avvicinasse il supporto scrittorio il più possibile alla esigenza
della scrittrice: ad esempio il passaggio a grandi formati, che una volta
acquisiti non furono mai abbandonati, consentiva di avere più spazio, nel verso
della pagina, per gli interventi paratestuali, e allo stesso tempo, liberava un
andamento più arioso della scrittura che si distendeva nella grande pagina,
ampliato dall'uso longitudinaledel quaderno; mentre l'introduzione
di album a fogli mobili o con iltaglio
tratteggiato, le
permisero ad un certo momento di introdurre il metodo di togliere o inserire
direttamente le pagine in una sorta di "taglia e incolla" ante
litteram.
La
revisione del testo di cui il manoscritto mostra sempre numerose tracce - anche
se raramente distruttive - non necessariamente deve intendersi come un
operazione a posteriori e successiva alla stesura del testo.
A Paolo Monelli Elsa spiega: "Scrivo sempre a mano, e
procedo molto lentamente, e solo quando il periodo mi è venuto ben chiuso e
calettato e le parole sono quelle che devono essere e non altre suggerite dalla
fretta, solo allora passo ad altro periodo. E lo stesso faccio con i
capitoli".
Il
manoscritto morantiano si presenta sempre - anche se con diverse evidenze, -
maggiormente in Menzogna e sortilegio che negli altri romanzi
- come una sorta di ipertesto - il luogo dove convergono e si leggono simultaneamente i
vari elementi di cui il testo si compone e da cui è generato: la memoria, la cronaca, la tradizione letteraria, laricerca linguistica.
Tutto
questo è la testimonianza di come la scrittura sia per Elsa Morante una
esperienza totalizzante, che coincide, nel momento in cui scrive, con la vita
stessa, dove va a confluire tutto il suo vissuto.
Cronologia
della vita e delle opere
a cura
Cesare Garboli
(pubblicata
in appendice a Menzogna e sortilegio, Einaudi 1994)
1912-22
Elsa
Morante nasce a Roma, in via Anicia 7, il 18 agosto 1912; è figlia di Irma
Poggibonsi – moglie di Augusto Morante – e Francesco Lo Monaco. Venuta alla
luce dopo Mario, morto in tenerissima età, è la secondogenita della famiglia; a
lei seguiranno tre fratelli: Aldo, Marcello e Maria. La madre, ebrea originaria
di Modena, è maestra alle scuole elementari; il padre anagrafico è istitutore
al riformatorio romano «Aristide Gabelli». Ad alcuni mesi dalla sua nascita, la
famiglia Morante si trasferisce nel quartiere Testaccio. Elsa non frequenta le
scuole elementari, e per qualche tempo viene ospitata in una villa del
quartiere Nomentano dalla madrina, donna Maria Guerrieri Gonzaga: «ero una
bambina anemica; la mia faccia, fra i riccioli color "ala di corvo", era
pallida come quella di una bambola lavata, e i miei occhi celesti erano
cerchiati di nero. Venne un giorno una lontana parente, che aveva per sua sorte
favolosa sposato un conte ricchissimo. Ella mi guardò con pietà e disse:
"La porto a vivere con me, nel mio giardino"».
I quaderni
risalenti a questo periodo già contengono, tra i disegni, storie, poesie e
dialoghi.
1922-30
La famiglia
Morante si trasferisce nel quartiere Monteverde Nuovo, dove EIsa si iscrive
dapprima al ginnasio, poi al liceo. Verso i diciotto anni, dopo aver conseguito
il diploma, lascia la famiglia e va a vivere per conto proprio. Per la mancanza
di mezzi economici abbandona l'università (facoltà di lettere) a cui si era
iscritta e si mantiene dando lezioni private di italiano e latino, aiutando gli
studenti a compilare tesi di laurea e pubblicando poesie e racconti su riviste.
1930-35
Dopo alcune
sistemazioni provvisorie, Elsa prende in affitto un alloggio in corso Umberto.
Inizia a collaborare al «Corriere dei piccoli» e a «I diritti della scuola» sul
quale dal 1935 esce a puntate il romanzo Qualcuno bussa alla porta.
1936-40
Comincia la
collaborazione al «Meridiano di Roma» con i racconti L'uomo dagli
occhiali, Il gioco segreto, La nonna e Via
dell'angelo poi raccolti nei volumi Il gioco segreto e Lo
scialle andaluso. Nel 1936 conosce Alberto Moravia con il quale inizia di
lì a un anno una relazione. Risale a questo periodo un quaderno di scuola
intitolato Lettere ad Antonio, uno dei più importanti documenti intimi
rimastoci, un diario personale di fatti reali e descrizioni di sogni.
Collabora,
talvolta con pseudonimi, al settimanale «Oggi» sul quale pubblica racconti e
cura la rubrica «Giardino d'infanzia». Traduce Scrapbook di
Katherine Mansfield (Il libro degli appunti, Longanesi 1941).
1941-43
Il 14
aprile 1941, lunedì dell'Angelo, Elsa sposa Alberto Moravia e con lui si
stabilisce in un piccolo appartamento in via Sgambati dove rimarrà, salvo i
temporanei spostamenti dovuti alla guerra, fino al 1948. Presso l'editore
Garzanti nella collana «lI delfino» esce la raccolta di racconti Il gioco
segreto. È di questo periodo il quaderno di scuola intitolatoNarciso. Versi,
poesie e altre cose molte delle quali rifiutate che contiene progetti
di lavoro, testi abbozzati e poesie. Nel settembre 1942 esce da Einaudi la
fiaba Le bellissime avventure di Caterì dalla trecciolina (il
cui nucleo originale risale ai tempi del ginnasio), illustrata dalla stessa
Morante. Ha inizio nel frattempo la stesura del romanzo Menzogna e
sortilegio originariamente intitolato Vita di mia nonna;
in esso la saga di una famiglia del Sud italiano è raccontata e ricostruita da
un membro dell'ultima generazione, Elisa, che ha scelto di confinarsi nella
propria stanza.
Essendo
Moravia accusato di attività antifasciste, la coppia si sposta verso Sud,
stabilendosi a Fondi, un paese di montagna della Ciociaria, in attesa della
liberazione.
1944-48
Dopo un
breve soggiorno a Napoli, Elsa comincia la seconda stesura di Menzogna
e sortilegio. Il racconto Il soldato siciliano, poi raccolto
nel volume Lo scialle andaluso, inaugura la collaborazione con
l'«Europeo» su cui uscirà anche Mia moglie.
Nel 1947,
tramite Natalia Ginzburg, manda Menzogna e sortilegio in
lettura all'Einaudi che lo pubblicherà l'anno successivo.
1948-49
Le
condizioni economiche di Elsa e Alberto Moravia vanno via via migliorando ed
Elsa visita per la prima volta la Francia e l'Inghilterra. Nell'agosto 1948 Menzogna
e sortilegiovince il Premio Viareggio. La coppia abbandona la casa di via
Sgambati e acquista un attico nei pressi di piazza del Popolo, in via dell'Oca
27; Moravia, inoltre, compra per Elsa uno studio ai Parioli. Nel 1950 inizia a
collaborare con la RAI curando la rubrica settimanale di critica
cinematografica intitolata «Cronache del cinema »; interromperà tuttavia la
collaborazione di lì a due anni, a causa delle ingerenze dei dirigenti.
1950-57
Nel 1950 ha
inizio la collaborazione con il settimanale «Il mondo» sul quale cura la
rubrica «Rosso e bianco»; nel novembre comincia a lavorare a Nerina,
un romanzo d'amore presto abbandonato che confluirà però nel racconto Donna
Amalia. Tra l'aprile e il giugno del 1951 scrive il racconto Lo
scialle andaluso che uscirà in «Botteghe oscure» nel 1953. Nella
primavera del 1952 comincia la stesura di L'isola di Arturo,
pubblicato da Einaudi nel 1957, con il quale vincerà il Premio Strega. La
storia della difficile maturazione di un ragazzo che vive quasi segregato nel
paesaggio immobile dell'isola di Procida, accanto all'imponente presenza del
penitenziario.
Con una
delegazione culturale visita nel marzo l'Unione Sovietica e in settembre la
Cina.
1958-61
Esce da
Longanesi la raccolta di poesie Alibi, ed Elsa comincia,
interrompendosi tuttavia nel 1961, a lavorare a un romanzo intitolato Senza
i conforti della religione, la storia della caduta di un idolo, la fine di
una divinità-fratello distrutta e smascherata dalla malattia. Nel settembre del
1959 parte per New York e Washington dove si trattiene fino alla fine di
ottobre. Durante il viaggio incontra Bill Morrow, un giovane pittore newyorkese
con il quale instaura un'intensa amicizia. Qualche tempo dopo Morrow lascia gli
Stati Uniti per trasferirsi a Roma. Elsa frattanto, pur non abbandonando la
residenza coniugale e il proprio studio ai Parioli, si trasferisce in una nuova
casa tutta per sé in via del Babuino. Nel numero di maggio-agosto di «Nuovi
argomenti» escono come «saggio sul romanzo» nove risposte ad alcuni quesiti
letterari posti dalla rivista. Tali risposte sono poi state raccolte in Pro
o contro la bomba atomica uscito da Adelphi nel 1987. Nel 1960
invitata al XXXI congresso internazionale del Pen Club parte con Moravia per
Rio de Janeiro e trascorre qualche tempo in Brasile. Nel gennaio 1961 si reca
in India dove la attendono Moravia e Pasolini: visitano Calcutta, Madras,
Bombay e il Sud del paese.
1962-65
Nel 1962,
presentato da Moravia, Bill Morrow inaugura una mostra personale alla galleria
"La nuova pesa" di Roma. Nell'aprile dello stesso anno, tuttavia,
dopo aver fatto ritorno a New York, Bill Morrow perde tragicamente la vita
precipitando nel vuoto da un grattacielo. Nell'autunno Moravia lascia via
dell'Oca mentre Elsa continua a risiedere nell'attico di via del Babuino. Nel
novembre del 1963 esce da Einaudi la raccolta di racconti Lo scialle
andaluso ma ogni altro progetto è interrotto e a chi le chiede notizie
sul suo lavoro dice di scrivere pochissimo. Nell'autunno del 1965 compie un
secondo viaggio negli Stati Uniti trascorrendovi le feste natalizie; di lì
raggiunge il Messico, dove il fratello Aldo è dirigente della Banca Commerciale
di Città del Messico, per poi spostarsi nello Yucatan.
1966-70
Compone i
poemi e le canzoni che andranno a formare Il mondo salvato dai
ragazzini, edito da Einaudi nel 1968. Una raccolta di poemi e canzoni
diretta «all'unico pubblico che oramai sia forse capace di ascoltare la parola
dei poeti», i ragazzi, ingenui custodi dell'unica felicità possibile, quella
dell'innocenza astorica e barbara. Nel 1969 prepara per i "Classici
dell'arte Rizzoli" il saggio introduttivo sul Beato Angelico dal titolo Il
beato propagandista del Paradiso. Trascorre l'estate del 1970 in Galles a
casa dell'amico Peter Hartman.
1970-75
Tra la fine
del 1970 e l'inizio del 1971 Elsa comincia a formulare l'idea de La
Storia, un'«Iliade dei giorni nostri», nata in seguito alla lettura dei
greci ritrovati tra le pagine dei quaderni di Simone Weil. La stesura del
romanzo la impegnerà fino al 1973. Uscito nel 1974, incontrando un immenso
successo popolare ma anche la violenta opposizione dell'establishment,
il libro racconta l'odissea bellica dell'Italia e del mondo, opponendo alla
Storia l'umile microcosmo di una famiglia romana, composta da una donna
insicura, un ragazzo, un bambino e un paio di cani.
Nel 1975,
in compagnia dell'amico Tonino Ricchezza, trascorre qualche settimana a
Procida, l'ultimo soggiorno nell'isola di Arturo; nell' agosto comincia un
romanzo dal titoloSuperman, ma il progetto viene subito abbandonato.
1976-80
Comincia la
stesura di Aracoeli che la terrà impegnata per cinque anni. Il
dolente ritratto di un personaggio «diverso», che disperatamente cerca di
ricostruire la figura materna perduta.
Nel marzo
del 1980 dopo essersi banalmente rotta un femore viene ricoverata e operata
alla clinica "Quisisana".
1981-85
Nel
dicembre del 1981 Aracoeli è terminato, ma i continui dolori
alla gamba la costringono a restare immobile a letto e a farsi ricoverare in
una clinica di Zurigo. Le sue condizioni fisiche migliorano leggermente e nel
novembre del 1982 esce da Einaudi Aracoeli. Presto però la salute
di Elsa subisce un peggioramento impedendole di camminare: trascorre le proprie
giornate a letto e nell'aprile del 1983 tenta il suicidio aprendo i rubinetti
del gas. Viene trovata priva di sensi dalla domestica e trasportata in ospedale
dove, diagnosticatale una idroencefalia, è sottoposta a un intervento
chirurgico. Le cure non danno tuttavia i risultati sperati ed Elsa non lascerà
più la clinica. Il 25 novembre 1985, verso mezzogiorno, Elsa Morante
muore d'infarto.
Le
stanze di Elsa
http://193.206.215.10/morante/index.html